Entrà è una località sperduta nelle campagne di Finale Emilia, dove l’esercizio commerciale esiste oramai da oltre un secolo. Dalle narrazioni dei più anziani si apprende che, alla fine della grande guerra, un certo Viscardo Sufritti e la moglie Teresina gestivano una piccola rivendita vino. Ne attestano la veridicità mappali catastali datati 1940 a loro intestati, dai quali si evince che in questa realtà trovava anche dimora una drogheria ed il gioco delle bocce.
Nel secondo dopoguerra subentra la famiglia Baraldi che, con grande lungimiranza, porta questa attività ad un’emancipazione senza precedenti: nell’aia prende forma una balera, battezzata Taverna Verde, dove il “gramofonista e il granitiere” erano protagonisti, e l‘acquisto della prima televisione in zona catturava l’attenzione di tutti gli avventori. Fu così che questo luogo divenne un vero e proprio punto di riferimento durante l’ineguagliabile periodo del miracolo economico italiano.
Col trascorrere dei decenni le cose cambiarono, sempre maggiore era l’esodo degli abitanti dalle campagne verso i centri abitati, e l’osteria venne venduta alla famiglia Previdi, la quale esattamente l’8 marzo del 1969 diede inizio all’attuale gestione, realizzandovi il loro matrimonio.
Clio, in arte commerciante di foraggi, di fatto procurava materie prime alla moglie, andandole a cercare in quei circuiti commerciali che oggi non esistono più. Agnese Calzolari, in qualità di Razdora (colei che oltre a cucinare regge l’economia domestica), inizia a mettere a tavola i primi viandanti, proponendo una cucina fortemente ancorata al localismo gastronomico e realizzando ricette prettamente provenienti dalle mura domestiche o dal reticolo di amici e parenti.
A quei tempi i protagonisti indiscussi erano le anguille alla brace, il pesce gatto in umido e le rane fritte, e con l’arrivo dell’inverno la pcarìa del maiale arricchiva la proposta gastronomica.
L’obiettivo era senz’alcun dubbio trasformare risorse povere in piatti gustosi con il solo scopo di saziare e confortare gli avventori, ed oggi il fine è assolutamente lo stesso: ai fornelli c’è la figlia Elvira a custodire l’eredità di una tradizione fatta di semplicità e sacrifici. La sfoglia continua ad essere tirata rigorosamente a mattarello da oltre mezzo secolo e gli animali da cortile sono il centro della proposta gastronomica.
In sala il figlio Antonio, di professione Oste (con fierezza), a raccontare i piatti e soprattutto il vino ai commensali. Ci troviamo in un lembo di terra a nord della provincia di Modena, dove il lambrusco è protagonista indiscusso ed oggi come non mai mostra personalità, talento e versatilità nelle svariate tipologie esistenti.
La carta dei vini è ampia, articolata e perennemente in aggiornamento. Costruita attraverso incessanti assaggi, perlustrazione di territori e immancabili confronti con i produttori che sovente diventano amici. Spazia dalle rappresentative del territorio all’incessante ricerca del vino migliore da assaporare, godere e custodire attentamente in cantina.